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Nuove Connessioni

Aggiornamento: 31 ago


il 900

Il Novecento è stato un secolo drammatico e grandioso. Non posso pensarlo in altro modo: un tempo di tragedie inimmaginabili, di rivoluzioni culturali, di scoperte che hanno cambiato la vita di ciascuno di noi.

Ogni volta che torno a rifletterci mi sembra quasi di rivedere una tela immensa, piena di colori e di ombre, dove i contrasti non si smorzano mai ma continuano a vibrare. In quel secolo sono nati autori che oggi,

nel 2025, sento come dei compagni di viaggio. Persone che hanno attraversato guerre, crisi, cambiamenti radicali e che, nonostante tutto, hanno lasciato parole capaci di illuminare ancora il nostro presente.


Penso a Carl Rogers, che ha avuto il coraggio di spostare il centro dell’attenzione dalla malattia alla persona. In un tempo in cui la psicologia era ancora dominata da modelli rigidi e "medicalizzanti", lui ha osato dire che al centro c’è l’essere umano, con la sua unicità irripetibile, con la sua dignità, con la sua capacità di crescere.

È stato un ribaltamento totale: non più la patologia, ma la persona; non più il terapeuta come autorità che interpreta, ma come presenza che accompagna non un malato bensì un Cliente a ritrovare risorse e resilienza.

Ogni volta che rileggo Rogers mi rendo conto che la sua voce parla anche oggi, in un mondo che continua ad avere bisogno di essere ascoltato, più che giudicato.

Il libro che ha influenzato il mio cammino è stato POTERE PERSONALE scritto nel 1977.


Poi c’è Gregory Bateson, con la sua “ecologia della mente”. Lui ha visto che nulla può essere compreso isolandolo dal contesto, che la vita stessa è fatta di connessioni invisibili, di trame che legano l’uomo alla natura, la comunicazione al pensiero, la scienza alla spiritualità. Bateson ci ha mostrato quanto sia pericoloso il pensiero lineare, riduzionista, quello che divide e semplifica troppo.

Oggi, quando parliamo di crisi ecologica o di relazioni tossiche, capisco che lui aveva già colto la radice del problema: ci siamo dimenticati di pensare in termini di sistemi, di equilibri, di reti. Eppure la sua intuizione resta lì, viva, pronta a guidarci se abbiamo il coraggio di recuperarla.

Il libro a cui farò spesso riferimento è MENTE E NATURA.


E come non citare Jung. Jung mi affascina sempre, con i suoi archetipi e con quella visione che intreccia psicologia, mitologia, religione, arte. Mi colpisce la sua idea che ci sia un inconscio collettivo, un serbatoio di simboli e immagini che appartengono a tutti gli esseri umani.

Quando guardo un dipinto, quando ascolto un racconto popolare, quando sogno, ritrovo quella lingua antica che Jung ha cercato di decifrare. Il suo libro ARCHETIPI E INCONSCIO COLLETTIVO oramai è diventato colorato dagli studi e le sottolineature.

E allora capisco perché, oggi, tante persone tornano a interessarsi di tarocchi, astrologia, sciamanesimo: non è solo moda, è la ricerca di un contatto con quelle radici simboliche che ci parlano da sempre.


Arrivati al 2025, a metà di questo nuovo secolo che si apre davanti a noi, mi sorprendo a riflettere sui benefici che alcuni testi, scritti da autori nati più di cento anni fa, hanno ancora sulla nostra vita.

Non è nostalgia, non è culto del passato. È la consapevolezza che ci sono intuizioni che resistono al tempo, perché parlano dell’essere umano nella sua essenza più profonda.

Rogers, Bateson, Jung ci hanno lasciato strumenti, mappe, domande che oggi possiamo ancora usare per orientarci in mezzo al caos contemporaneo.

Viviamo in un’epoca di iperconnessioni digitali, ma a volte di povertà relazionale. Siamo sommersi da informazioni, ma spesso assetati di senso.

È per questo che sento forte dentro di me la necessità – e vedo attorno a me la curiosità crescente – di esplorare nuove connessioni.

Connessioni che non sono solo tecnologiche, ma umane, culturali, spirituali. L’umanità ha bisogno di ritrovare fili che uniscano ciò che sembra frammentato: la scienza con la coscienza, l’individuo con la comunità, il passato con il futuro.


Nuove connessioni non significa abbandonare ciò che è stato scritto, ma farlo rivivere in dialogo con ciò che stiamo vivendo.

Significa leggere Rogers mentre parliamo di educazione digitale, rileggere Bateson quando discutiamo di intelligenza artificiale ed ecologia, riscoprire Jung quando ci interroghiamo sul bisogno collettivo di miti, simboli e spiritualità. È un movimento che parte da lontano e che oggi trova nuova urgenza.

Ed è qui che voglio portare la mia ricerca, il mio sguardo e le mie parole: verso questa necessità di nuove connessioni. Non come moda passeggera, ma come orizzonte di senso.

Perché se il Novecento ci ha dato la lezione che la frammentazione porta conflitto, il 2025 ci chiede di costruire trame, relazioni, ponti.

È un compito difficile, ma affascinante. Ed è proprio da qui che comincio, umilmente, a riflettere e scrivere.

 
 
 

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